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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 Si costruisce il palco per la festa dell'omologazione |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 Simbolo della terra indigena Raposa |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 la cucina |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 preparazione per la festa |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 preparazione per la festa |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 indigeno Macuxi |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 Tuxaua David Kopenawa con Carlo Miglietta |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 il Tuxaua Jacir De Sousa |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 la delegazione Yanomami |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 l'arrivo di Lula |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 l'arrivo di Lula |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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Maturuca, Roraima BR aprile 2010 |
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FESTA DI LIBERAZIONE
DELLA RAPOSA SERRA DO SOL
(RORAIMA – BRASILE)
La Raposa Serra do Sol
(Roraima – Brasile) non faceva onore al proprio
nome (“Volpe Serra del Sole”) la mattina del 19
aprile, Giornata Nazionale dell’Indio, quando si
preparava ad accogliere il Presidente del
Brasile Ignacio Lula da Silva. A Maturuca, il
villaggio principale, cadeva infatti una pioggia
equatoriale, insistente, fastidiosa, che
riempiva di fango le stradine che si snodano tra
le maloche, le tipiche capanne indigene. Ma
verso le 10,30 il sole faceva capolino fra le
dense nubi, e salutava gli Indios dell’area (Macuxì,
Ingarikò, Patemona, Tuarepang e Wapichana) che,
insieme a ventisei delegazioni indigene di
diciannove paesi e a rappresentanti di tanti
movimenti amici della causa indigena, tra cui
noi del CO.RO. (Comitato Roraima di Torino),
festeggiavano il primo anniversario della
storica sentenza con cui il Supremo Tribunale
Federale sanciva la definitiva omologazione in
terra continua della Terra Indigena Raposa Serra
do Sol (TIRSS). Le occupazioni delle terre
indigene da parte dei “fazendeiros” bianchi, per
fare grandi allevamenti e colture soprattutto di
riso, erano avvenute con ferimenti e uccisioni
di indigeni, distruzioni di villaggi, soprusi e
violenze di ogni sorta. Gli invasori avevano
cercato di stroncare anche la cultura indigena,
insinuando nei nativi un profondo senso di
disistima delle proprie tradizioni, e propagando
alcolismo, droghe, prostituzione, malattie a
trasmissione sessuale. La grande attuale
vittoria degli Indios, simbolo e precedente
giuridico di tutte le altre rivendicazioni
indigene del Brasile, è stata ottenuta dopo
trentaquattro anni di dura e sofferta lotta non
violenta. La grande festa indigena Maturuca in
questi giorni si è animata di danze e canti nei
costumi tradizionali, con una sorta di
“Olimpiadi indigene”, con la corsa dei tori e
dei cavalli, il tiro con l’arco (vinto
ovviamente dagli Yanomami, la famosa etnia della
foresta), la corsa in piano e in montagna, il
torneo di calcio, e le gare di attività
tradizionali, come il dipingersi il corpo,
accendere il fuoco, grattugiare la manioca,
tessere, costruire maloche… Le piccole maloche
si sono trasformate in rudimentali botteghe di
bibite e di oggetti di artigianato, mentre più
di cento mucche sono state macellate per sfamare
gli ospiti. Di notte, Maturuca diventava un
immenso accampamento, con le maloche piene delle
amache degli ospiti. Nota stonata sono stati gli
elicotteri militari che, la vigilia dell’arrivo
di Lula, hanno a lungo volteggiato sul
villaggio, anche se poi la sicurezza del
Presidente è stata assicurata in maniera
discreta dai militari insieme ad operatori
indigeni. L’arrivo del Presidente del Brasile Il
19 aprile i “figli di Makunaimi”, il mitico
antenato, hanno quindi ricevuto il Presidente
Lula che, vincendo immense difficoltà e
opposizioni di potenti lobbies economiche, ha
firmato un anno fa l’atto definitivo che
sanzionava come indigena la Raposa. Lula è
arrivato con vari Ministri del suo Governo, tra
cui quelli della Giustizia, della Cultura, della
Sanità, delle Pari Opportunità, insieme al
Presedente della FUNAI, l’Organizzazione
federale per gli indigeni, accolto da circa
cinquemila persone tra indios e invitati. Il
Presidente era arrivato a Pacaraima verso le
10,30, atterrando su una pista dell’esercito su
un aereo Learjet: non ha fatto scalo a Boa
Vista, la capitale dello Stato di Roraima, per
evitare le dure contestazioni dei politici
locali, espressione dei potenti invasori delle
terre indigene. Da Maturuca ha proseguito con il
suo seguito su due elicotteri Black Hawk,
provenienti da Manaus. La stampa locale ha quasi
ignorato l´evento, dando spazio agli Indios
"comprati" dai bianchi di un’associazione
chiamata SODIUR, cui fa capo circa il 20% degli
indigeni, che si sono rifiutati di partecipare
alle celebrazioni definendole una festa degli
stranieri e troppo costose. Lula è passato tra
due lunghe ali di indigeni danzanti e festanti,
ha ricevuto una loro delegazione, poi si è
recato sul palco denominato “19 aprile”, tenendo
per mano due bambini macuxì. Ha subìto
l’incensazione di una shamana macuxì per
cacciare gli spiriti maligni, ha indossato un
copricapo da tuxaua (capo), ha ascoltato l’inno
della Raposa Serra do Sol, poi numerosi discorsi
di leaders indigeni, tra cui quello del
Vice-Coordinatore del CIR (Consiglio Indigeno di
Roraima), Terencio Manduca, e del Coordinatore,
Dionito de Souza; ha ricevuto una piccola
scultura raffigurante la TIRSS, quindi ha
piantato una palma, simbolo della regione, nella
piazza centrale di Maturuca. Il discorso di Lula
Il Presidente ha preso la parola in un vibrante
discorso: “Non conosciamo nella storia nessun
momento in cui una nazione indigena abbia invaso
terre di altri; ma al contrario, normalmente gli
altri invadono le terre indigene, tentando di
impossessarsi di una terra che non è loro…
Abbiamo dato sei milioni di ettari del Governo
Federale allo Stato di Roraima, per quelli che
la volevano lavorare, soprattutto i piccoli e
medi proprietari, perché a noi interessa che
Roraima si sviluppi, cresca economicamente,
senza ledere il diritto degli indigeni di vivere
come vogliono…. Era come se fossi il demonio,
perché dicevano che avrei tolto la terra di cui
Roraima abbisognava per produrre: uno Stato con
tanta terra improduttiva, mentre alcuni
chiedevano esattamente una terra che non era
loro, ma degli Indios. Alcuni continuano a dire
che ci sono pochi Indios per molta terra, mentre
altri, come me, affermano che gli Indios hanno
poca terra, se consideriamo che cinquecento anni
fa il Brasile era tutto loro”. Lula ha quindi
ricordato i ventun leaders indigeni uccisi nella
TIRSS, delitti tutti rimasti impuniti, e il
coraggio degli Indigeni in una grande lotta non
violenta. Lula ha infine formalmente promesso
che tornerà a settembre a Maturuca per
constatare di persona le migliorie che il
Governo farà per la regione, innanzitutto
portando la luce elettrica. Il suo discorso ha
determinato un’esplosione di danze a cui hanno
partecipato, mischiandosi, Indios di tutte le
etnie e anche i bianchi presenti, in uno
sventolio di bandiere e di stendardi. La Chiesa
sempre a fianco degli Indigeni La Chiesa,
presente nell’area con i Missionari Benedettini
già dall’inizio del Novecento, e dal 1950 con i
Missionari della Consolata, da sempre si pose a
fianco dei nativi per impedirne l’etnocidio. Già
in un documento del 1912, consegnato alcuni
giorni fa in fotocopia dal Vescovo di Roraima ai
capi indigeni, l’allora Vescovo Benedettino
scriveva al Ministro brasiliano dell’Agricoltura
che la Raposa Serra do Sol doveva essere
riservata agli Indigeni impedendo l’invasione
dei bianchi. In tutti questi anni i Missionari,
soprattutto quelli della Consolata, hanno
lottato a fianco degli Indios, subendo minacce,
persecuzioni, attentati, rapimenti, in una vita
di incredibili ristrettezze, sacrifici, veri
eroismi. Fondamentale fu il 26 aprile 1977,
quando gli Indios promisero solennemente, nella
piccola chiesa di Maturuca, di rifiutare gli
alcolici nei villaggi e di lottare per la
riconquista delle proprie terre “fino all’ultimo
indio”. Il 16 aprile il Vescovo di Roraima,
monsignor Roche Paloschi, ha inaugurato la nuova
chiesa di Maturuca, dedicandola al Sacro Cuore
di Gesù, dal nome di una piccola cappella
precedente costruita dal gesuita padre Ignacio
Cary-Elves che, nel 1912, evangelizzò la zona
provenendo dalla Guyana Inglese. “Questa chiesa
è stata costruita da tutti i membri della
Comunità di Maturuca – ci dice padre Mario
Campos, Missionario della Consolata,
responsabile della Comunità – Sono poverissimi,
ma hanno venduto polli e farina per edificare la
loro chiesa, fatta a forma di maloca, la casa
comune”. Il Vescovo ha portato alla Raposa Serra
do Sol la speciale benedizione di Benedetto XVI:
la Segreteria del Papa scrive che “il Pontefice
saluta con grande affetto in Cristo la comunità
di Maturuca e tutte le comunità della Raposa
Serra do Sol, unendosi nella lode e nel
ringraziamento a Dio Padre per il dono della
terra e per la salvezza in Gesù Cristo, portata
quasi cent’anni fa dai primi missionari, e
concede loro l’apostolica benedizione”. Anche
Monsignor Aldo Mongiano, Vescovo emerito di
Roraima, ha scritto ai suoi Indigeni, per “una
vittoria meritata dopo anni di perseveranza,
pazienza, coraggio, sofferenza e grazie alla
morte di alcuni Indios e soprattutto alla
benedizione di Dio… La Chiesa è sempre stata al
vostro fianco nella vostra coraggiosa lotta”.
Nel suo messaggio, monsignor Mongiano ha
ricordato le varie visite nella regione del
Presidente della Conferenza Episcopale
Brasiliana, dom Luciano Mendes de Almeida, e del
cardinal Ersilio Tonini, e le lettere di Papa
Giovanni Paolo II e dell’attuale Pontefice
Benedetto XVI. Di monsignor Mongiano, l’attuale
Vescovo di Roraima monsignor Paloschi ci ha
detto: “I poveri di tutta Roraima ancora lo
venerano”. Alla sera, gli Indios hanno voluto
omaggiare il Vescovo Paloschi e i Missionari e
le Missionarie della Consolata, specialmente
padre Giorgio Dal Ben, padre Tiago Mena, padre
Mario Campo e suor Leta Botta. I capi,
soprattutto il grande tuxaua Jacir de Sousa,
fondatore del CIR (Consiglio Indigeno di
Roraima) hanno ricordato ai giovani: “Guardateli
bene! Sono loro che ci hanno raccolto quando
avevamo toccato il fondo, e se ora siamo qui, lo
dobbiamo a loro!”. Il 17 aprile, alla sera,
padre Giorgio Dal Ben, per diciotto anni
Missionario a Maturuca, ha ripercorso,
proiettando vecchie foto, il cammino di
liberazione degli Indigeni, tra la commozione
generale e gli occhi sgranati di centinaia di
bambini e giovani, che a Maturuca costituiscono
il 60 % della popolazione, e che vedevano le
immagini giovanili dei loro padri. Il 18
mattina, parlando in lingua macuxì, durante
l’Eucarestia, padre Giorgio ha esortato gli
indigeni a perseverare nell’impegno per i valori
comunitari: la compartecipazione, la
solidarietà, il sacrificio, il sogno di un
progetto comune nella promozione della vita e
del benessere, nel pieno rispetto ambientale.
Osservava polemicamente padre Mario Campo: “La
rovina del popolo è la scuola statale, che educa
gli Indios all’impiego individuale e al
profitto, e non ai valori tribali comunitari di
condivisione, servizio, gratuità”. Lo stesso
Lula, nel suo discorso, ha riconosciuto la
Chiesa come primo difensore dei diritti degli
indigeni. La Chiesa di Roraima è davvero “povera
e serva dei poveri”, come diceva monsignor
Helder Camara. Essa ha saputo accompagnare
questi popoli nel loro cammino di liberazione, e
gli Indigeni hanno celebrato davvero la loro
Pasqua di Resurrezione, il loro Esodo dalla
precedente schiavitù alla loro Terra libera, in
una sintesi mirabile di Fede e vita, di Bibbia e
storia. Risolleva davvero vedere una Chiesa
schierata con gli ultimi. Spesso i Missionari
sono proprio, come diceva il cardinal
Pellegrino, i Santi dei tempi moderni. Molti di
essi vivono in un clima terribile, tra zanzare,
pipistrelli e serpenti, con scarsezza di cibo
(sempre il solito riso, fagioli, pollo o carne
talora immangiabili: ma spesso manca tutto...),
senza luce e con poca acqua potabile, tra mille
malattie, soli, isolati per mesi interi, in un
clima sociale e politico ostile, tra culture
lontanissime. Non fossero sorretti dall´amore
per il Signore e da una specialissima vocazione,
come resisterebbero? Qui tutti i Missionari ci
dicono: "Se non ci foste voi, gruppi che
dall’Italia ci appoggiate...": ma sanguina il
cuore nel vedere in quali ristrettezze
economiche vivono, e quali limiti ha la loro
azione pastorale per mancanza di fondi… E
torniamo in Italia con la proposta di tantissimi
progetti, per sostenere l’azione missionaria
nello sviluppo economico, nell’educazione, nella
salute, nell’annuncio del Regno... La lotta
indigena continua Il clima di festa è stato
turbato dalla notizia di un altro suicidio di
indigeni Ye´kuana, che vivono in un’altra area
di Roraima, il secondo in pochi mesi: il
suicidio, fenomeno sconosciuto prima nel mondo
indigeno, ora è sempre più presente, segno della
loro sofferenza e disperazione per
l´emarginazione e l´oppressione a cui gli Indios
continuano ad essere sottoposti. Per questo la
lotta indigena continua anche nella TIRSS: il
Supremo Tribunale Federale ha infatti stabilito
diciannove pesanti limitazioni alla libertà
della Raposa, che di fatto rischiano di svuotare
completamente la possibilità di
autodeterminazione degli indigeni. In questi
giorni poi è in discussione a Brasilia la legge
sullo sfruttamento minerario, che rischia di
ferire pesantemente l’ambiente e le culture
indigene. Ha concluso argutamente Lula, parlando
ai leaders indigeni: “Mi avete consegnato ventun
documenti: uno di ringraziamento, e venti di
rivendicazioni!”. Gli Indigeni vogliono anche
ricorrere ai Tribunali Internazionali, e
chiedono l’aiuto e l’appoggio di tutti coloro
che hanno a cuore la giustizia e i diritti
umani. Occorre anche che li sappiamo sostenere
nel loro sviluppo economico, che vuole essere
alternativo e rispettoso dell’ambiente. A noi,
Chiese di occidente, il compito di imparare da
loro la concretezza di vita evangelica,
continuando ad essere al loro fianco nel loro
cammino.
Carlo Miglietta |